Come sappiamo dai dati epidemiologici, quello del seno è il tumore più diffuso tra le donne. Si stima che in Italia, ogni anno, vengano eseguite oltre cinquantamila diagnosi di carcinoma mammario. Tuttavia esiste un’arma potentissima contro questa malattia; stiamo parlando dei controlli regolari, utili ad indentificare la malattia in uno stato precoce e, quindi, con una prognosi migliore.

Da diversi anni ormai, in Italia viene proposto lo screening gratuito per le donne di età compresa tra i 50 ed i 69 anni, che prevede una mammografia eseguita ogni due anni. Tuttavia la tecnologia sta cambiando velocemente e, nell’ultimo periodo, alla mammografia si è affiancata la tomosintesi (la cosiddetta mammografia in 3D), che permette di avere un’immagine più dettagliata del seno.

Un recente studio, condotto dall’ Azienda Sanitaria di Reggio Emilia e pubblicato sulla rivista Radiology, si è proposto l’obiettivo di misurare la differenza tra l’approccio attuale allo screening, basato unicamente sulla mammografia, ed un nuovo modello, in cui si prevede l’utilizzo della tomosintesi. Sono state pertanto arruolate nella ricerca quasi venti mila pazienti e suddivise in due gruppi.

I risultati hanno mostrato che nelle pazienti in cui la mammografia veniva affiancata dalla tomosintesi, lo screening risultava essere più efficace. Questo perché sono state scoperte neoformazioni che in genere “sfuggono” alla mammografia tradizionale. Questa maggiore capacità diagnostica è stata notata soprattutto nei seni densi, di frequente riscontro tra le donne più giovani.

Un altro vantaggio dell’approccio combinato è stato quello di ridurre il numero dei cosiddetti “falsi positivi”, ovvero quei casi in cui sembra esserci un tumore ma che in realtà non c’è. «Questo ha evitato di richiamare le donne per nuove indagini, risparmiando loro momenti di ansia e timori ingiustificati» ha affermato il dott. Pattacini, primo autore dello studio.

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